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13.04.2020 In Tecnologia

Sporche banconote: perché in tempi di Coronavirus è meglio pagare contactless

La scorsa settimana mi sono deciso e ho riaffrontato la fila all’Esselunga dopo una precedente spesa fatta ad inizio aprile a Milano. Questa volta è stata un’esperienza meno traumatica di quanto mi aspettassi e dopo 30 minuti circa di attesa mi sono ritrovato davanti all’ingresso interno, tutti rigorosamente a distanza, gel sanificante a disposizione, temperatura rilevata da un addetto e via tra i mille corridoi.

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Rispetto al mese scorso, la consapevolezza di tutti è massima, anche tra gli scaffali si sta attenti alle distanze e per tutto il tempo ho notato una rassicurante allerta che poi si è infranta alla cassa. Prima di me due signore sulla quarantina ed un signore di mezz’età, tutti e tre con mascherina e guanti di ogni tipo con i quali avevano evidentemente toccato merce, carrelli e qualsivoglia superficie del supermercato. Osservandoli ho notato una cosa alquanto spiacevole: con i loro guanti hanno tirato fuori portafogli e borselli, rovistato e pagato con banconote. Una delle due signore ci teneva poi a trovare nella sua borsa le monetine che avrebbero pareggiato il conto e così, con i guanti, le ha cercate per almeno 15 secondi nella sua borsa arrivando all’obiettivo (e toccando tutto ciò che si trovava all’interno).

In TV, alla radio, sul web, perfino sui social network continuano (giustamente) a ripeterci le regole fondamentali da rispettare per evitare la diffusione del virus, ma sono poche, pochissime le avvertenze per quei pochi momenti comuni come quello in cui si fa la spesa. Dopo aver assistito a quella scena il mio pensiero è rimasto fisso su quelle banconote, pezzi di carta notoriamente sporche e ricettacolo di batteri e sostanze più disparate, perché non anche qualche “simpatico gruppo di Covid-19 in gita”.

COSA DICE LA WHO SUI CONTANTI

Tornato a casa e sanificato tutte le confezioni ho fatto qualche ricerca perché, nonostante anche io sia bombardato dai media che parlano del Coronavirus 24 ore su 24, dei numeri, delle stime, delle fasi 1-2-3 e dei litigi politici inopportuni, non ho mai sentito particolari avvertenze sul denaro contante. Avrò sbagliato i canali.

Così mi imbatto in un articolo del The Telegraph (1) datato 2 marzo in cui la WHO (World Health Organization) dice apertamente che “le banconote sporche potrebbero diffondere il Coronavirus, chi le tocca dovrebbe subito lavarsi le mani e scegliere i pagamenti contactless, laddove possibile“.

Il denaro contante potrebbe quindi essere veicolo del virus, seppur non ci siano studi scientifici specifici che lo dimostrano senza ombra di dubbio, la ragione ha portato la WHO a considerarlo tale e i governi di Cina e Corea del Sud alla sanificazione dei soldi. La Cina, in particolare, è ricorsa agli ultravioletti e alle alte temperature per distruggere eventuali virus residui, tenendo poi il denaro in quarantena per 14 giorni dopo questo processo. Parte del cash più a rischio sarebbe invece stato distrutto, ha riportato anche la Cnn (2) il 17 febbraio scorso.

BATTERI, DNA E … TANTA COCAINA

Ma quanto sono sporche le banconote? Una ricerca condotta a New York nel 2017, epicentro mondiale dell’infezione dove di denaro ne scorre tanto, ha dimostrato scientificamente come questi pezzi di carta siano vettore di innumerevoli particelle, compresa tanta cocaina. Lo studio (3) ha riguardato le banconote da 1 dollaro, utilizzate quindi nei pagamenti più comuni all’interno di esercizi commerciali, macchinette automatiche e tanto altro.

La lista di elementi ritrovati è lunghissima, comprende organismi più comuni come il Propionibatterio dell’acne, lo streptococco orale, tracce di DNA di animali domestici ed altri batteri associati al cibo. Certamente più curiose le tracce di cocaina che sono state ritrovate nell’80% delle banconote esaminate, oltre a morfina, eroina, anfetamine e metanfetamine in percentuale sensibilmente inferiore.

Per fortuna la maggior parte di questi elementi emersi non crea malattie, ma esistono già studi (4) che dimostrano come patogeni più pericolosi possano resistere e diffondersi con i contanti. Di certo si studierà o si starà già studiando la resistenza del Covid-19 sul denaro, seppur ricerche preliminari (5) indicano che il novel coronavirus può sopravvivere sul cartone per un giorno intero, su acciaio e plastica per un massimo di tre giorni.

A preoccuparci, oltre al denaro vero è proprio, dovrebbero essere anche i bancomat, veri e propri ricettacoli di batteri dove centinaia di persone al giorno poggiano le loro mani per ritirare quei soldi sotto accusa. Secondo un report (6) realizzato ancora una volta a New York, gli “ATM” di Manhattan sarebbero più sporchi di molte altre cose, perfino più sporchi dei pali della metropolitana e dei bagni pubblici della stazione. Si potrebbe pensare che i tastierino numerico è la parte più compromessa, ma pare che il lettore della carta sia tra gli elementi più interessati.

LA SOLUZIONE? PAGAMENTI CONTACTLESS

Tornando per un attimo alla storia iniziale, al racconto del supermercato, arriviamo al mio turno in cassa. Dopo aver visto un video di un’infermiera statunitense, arrabbiata per il comportamento dei suoi concittadini che si sentivano protetti solo indossando i guanti ed aver dimostrato loro come basti poco per toccarsi il viso o infettare qualcosa che poi tocchi il volto (vedi lo smartphone), metto sempre una carta di credito/debito nella tasca anteriore del pantalone. Quando devo pagare, quindi, tiro fuori solo la carta e pretendo il contactless, cosa che facevo già da prima dell’epidemia per questione di sicurezza finanziaria.

Chiaro che se si supera una certa cifra bisogna comunque inserire il pin, ma una volta indossati i guanti in plastica/lattice ed averli usati al supermercato do per scontato che siano sporchi e li debba gettare nella prima pattumiera a portata una volta uscito da lì.

In Italia siamo molto legati al contante, è cosa risaputa, sarà per le vecchie abitudini o per l’esigenza di creare fondi neri, questa potrebbe essere la buona occasione per ridurre al minimo la circolazione di banconote e lo scenario è un classico win-win. Pagando infatti con la carta si evita di maneggiare banconote e monete (che in breve vengono poi girate ad altri), si evita di doversi recare al bancomat di frequente, si fa un passo in avanti per sconfiggere l’evasione delle tasse.

Ecco, tutto torna: in un rapporto (7) del 2018 redatto dal Ministero dell’Ecomnomia e delle finanze (Mef) si stima che il cosiddetto tax gap, ovvero l’evasione in senso stretto, sia pari in Italia a 107,5 miliardi di euro. Ma in questo conteggio non rientra l’economia sommersa, tanto che l’Istat valuta (8) l’ammanco nel solo 2016 in ben 210 miliardi di euro, ovvero il 12,4% del Pil.

Vi basti sapere adesso che la spesa sanitaria italiana nel 2019 ha superato i 118 miliardi di euro, se non avessimo una tale evasione forse, magari, avremmo avuto un sistema più avanzato, organizzato e pronto a gestire una simile situazione.

CARTE: CHI NON LE HA SE LE PROCURI

Abbiamo iniziato parlando di supermercati e coronavirus e siamo finiti sull’evasione delle tasse; la verità è che tutta la nostra società è ormai connessa e interlacciata in modi che risultano forse difficili da immaginare. Una cosa è piuttosto certa, non si è parlato abbastanza di denaro contante nel corso delle ultime settimane e della loro presumibile pericolosità, seppur perfino la WHO abbia chiaramente auspicato l’utilizzo delle carte per i pagamenti. Non tutti ne possiedono una, è vero, ma esistono ormai numerose soluzioni a costo zero che permettono di entrarne in possesso in pochi giorni.

Naturalmente ci sono le banche: chi possiede un conto corrente avrà di certo a disposizione delle carte collegate, che siano di credito o di debito, ma a volte queste hanno un costo mensile o annuale. E poi ci sono le cosiddette aziende del “FinTech”, piccole o grandi realtà che offrono servizi finanziari e sono di facile accesso.

Ve ne cito qualcuna che non hanno un costo base e possono essere ottenute in pochi giorni, qualora non le conosceste, naturalmente sta a voi valutare in base alle necessità e condizioni:

Per chi non ama le carte e invece predilige far confluire tutto sullo smartphone ancora meglio: Google Pay, Apple Pay e Samsung Pay sono sempre più accettate e gli smartphone/smartwatch compatibili sono ormai la maggior parte in Italia. Per questo motivo consigliamo sempre di acquistare, quando il budget lo permette, smartphone con il chip NFC integrato tramite cui avviene il pagamento stesso, a patto che si sia prima associata una carta alle piattaforme sopra citate.

Non ci dobbiamo tuttavia dimenticare degli esercenti che in questo periodo stanno soffrendo più di tutti; la maggior parte di loro non può nemmeno avvicinarsi alla propria attività e dovrà ancora attendere prima di poter tornare agli affari di un tempo. Il governo deve quindi fare la propria parte e mantenere le promesse pubblicizzate in autunno (9) con lo stesso Premier Giuseppe Conte sul taglio delle commissioni, adesso comprese dallo 0,99% al 4%. Fin troppo alte, soprattutto se a queste si aggiungono canoni mensili di noleggio, costi di installazione, reti e via dicendo.

In conclusione, quindi, pretendete più che mai i pagamenti con Pos in questo periodo e nell’attesissima fase 2, al supermercato, al ristorante, in un negozio o dentro un taxi. Non è solo una buona pratica economica, adesso è anche sanitaria.

FONTI CITATE E APPROFONDIMENTI

Articolo originale disponibile qui

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