TIM e Wind adegueranno all’inflazione le tariffe mensili. Gli altri operatori probabilmente seguiranno, tranne uno che s’è già dissociato.
Se ne era parlato già nei primi giorni di novembre e poi, tra la fine del mese scorso e l’inizio di quello attuale, è arrivata la conferma: prossimamente tutti i contratti telefonici, sia fissi che mobili, nuovi ed esistenti, verranno sottoposti ad aumenti annuali basati sull’inflazione.
Al momento soltanto TIM e Wind hanno confermato ufficialmente la decisione, che diventerà operativa a partire dal 2024, ma non è difficile immaginare che la maggior parte degli altri operatori li seguirà presto, tranne uno che s’è già pubblicamente dissociato.
Nel caso di TIM, la prima variazione delle tariffe legata all’inflazione è fissata al 1 aprile 2024; si baserà sul «valore dell’IPCA rilevato per l’anno solare 2023, aumentato del coefficiente fisso di maggiorazione di 3,5 punti percentuali, e si ripeterà ogni anno successivo, considerando il valore dell’indice IPCA rilevato dall’ISTAT per l’anno solare precedente».
Il valore esatto dell’aumento sarà pubblicato sul sito di TIM entro 15 giorni dalla comunicazione dell’Istat dell’indice di inflazione; in caso di inflazione negativa, non sarà operato alcun aumento, ma non ci sarà nemmeno una riduzione.
Spunti di approfondimento:
L’esempio preparato da TIM stessa dovrebbe chiarire ogni dubbio: un valore IPCA del 6,5% per il 2023 porterà a un aumento del canone del 10% (poiché all’inflazione va aggiunto il coefficiente fisso del 3,5%): chi per tutto il 2023 ha pagato 10 euro al mese nel 2024 pagherà quindi 11 euro al mese.
Nel caso di Wind, l’aumento delle tariffe mensili scatterà già il 1 gennaio 2024 e sarà pari alla «variazione annua positiva dell’indice nazionale dei prezzi al consumo FOI rilevata da ISTAT nel mese di ottobre dell’anno precedente o comunque pari almeno al 5% ove tale variazione fosse inferiore a detta percentuale».
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Anche nel caso di Wind, l’aumento sarà comunicato per tempo: sul sito e su «un quotidiano nazionale» entro i sette giorni precedenti l’entrata in vigore della variazione.
Il problema è che, in realtà, per i clienti non è così fondamentale sapere di quanto aumenterà il canone telefonico mensile (posto che hanno sin d’ora praticamente la certezza che aumenterà, salvo il caso di inflazione negativa e ciò, comunque, solo per TIM) perché, come precisa Wind, «L’adeguamento, applicato entro il primo trimestre di ciascun anno, non conferisce al cliente diritto di recesso senza costi dal contratto».
Insomma, chi pensasse di basarsi sulle informazioni pubblicate di volta in volta con l’intento di valutare gli aumenti dei vari operatori e passare ogni anno a quello più conveniente sappia che dovrà comunque pagare i costi di recesso, e ciò renderà probabilmente inapplicabile l’intero piano.
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Ciò accadrà perché l’adeguamento all’inflazione sarà parte del contratto (sia per TIM che per Wind): pertanto, ogni aumento non sarà una variazione contrattuale, e quindi non darà diritto al recesso senza penali.
L’unica possibilità di recedere senza penali scatterà per quanti hanno già un contratto attivo, e per i quali l’introduzione dell’indicizzazione costituirà davvero una variazione contrattuale; una volta trascorso il periodo utile per il recesso senza costi, e per tutti i nuovi contratti, lasciare un operatore a causa degli aumenti indicizzati sarà dunque oneroso.
È infine importante citare il solo operatore che, al momento in cui scriviamo, ha dichiarato di non voler introdurre questa politica di indicizzazione delle tariffe all’inflazione, ossia Iliad.
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È pur vero che da qui al 2024 possono accadere molte cose, ma l’operatore di origine francese ha fatto sapere di avere ogni intenzione di restare fedele agli annunci pubblicitari e si è impegnato a far sì che il «per sempre» con cui presenta le proprie tariffe sia davvero realtà.