Se una pandemia simile all’influenza Spagnola dovesse diffondersi oggi, il conto delle vittime non si fermerebbe a 50 milioni, come accaduto nel 1918, ma potrebbe addirittura salire fino a 147 milioni, a causa delle mutate condizioni sociali e demografiche, dei cambiamenti climatici e della sempre più diffusa antibiotico-resistenza.
A elaborare questa stima, a cent’anni esatti da quello storico flagello, sono tre ricercatori delle università australiane di Melbourne e del Queensland, che sulla rivista Frontiers in Cellular and Infection Microbiology mettono a fuoco le sfide che ci attendono in vista della prossima pandemia influenzale.
Il primo fattore da tenere in conto è la virulenza del ceppo influenzale: oggi è più facile valutare il potenziale pandemico di un nuovo virus, ma – spiegano i ricercatori – bisogna creare un adeguato sistema di sorveglianza che sia attivo in tutto il mondo. Questo sarà ancora più importante dal momento che i cambiamenti climatici cambieranno i comportamenti degli animali che fungono da ‘riserva’ del virus, per esempio modificando le rotte migratorie di molte specie di uccelli.
Inoltre, la perdita di raccolti e la malnutrizione da un lato, l’antibiotico-resistenza, l’obesità e l’invecchiamento della popolazione dall’altro, potrebbero aumentare il tasso di mortalità. In attesa di un vaccino universale, dunque, dicono i ricercatori, bisogna informare la popolazione sugli eventuali rischi in caso di pandemia e puntare sulle misure per prevenire i contagi.