Uno studio italiano sul Lancet documenta 10 casi di bambini a Bergamo che hanno appena ricevuto la diagnosi di una forma simile alla sindrome di Kawasaki. Quasi tutti hanno anche gli anticorpi contro il coronavirus – prova che lo hanno incontrato. Potrebbe esserci un’associazione ma ancora la cautela è d’obbligo
(foto: Anton Petrus via Getty Images)
C’è un collegamento fra l’infezione Covid-19 e la rara sindrome pediatrica di Kawasaki? Il dubbio sta prendendo forma dopo che in alcuni paesi, fra cui Italia, Regno Unito, Usa, si è registrato un numero più alto di casi – ma comunque in assoluto basso – rispetto alla media degli anni scorsi di bambini con manifestazioni cliniche che ricordano quelle di questa malattia infiammatoria. A documentarlo, oggi, è uno studio italiano pubblicato sul Lancet. La pubblicazione rivela che nella provincia di Bergamo, fortemente colpita da Covid-19, da metà febbraio a metà aprile, 10 bambini hanno ricevuto una diagnosi della sindrome di Kawasaki, mentre nei cinque anni precedenti all’interno dello stesso territorio le diagnosi erano state soltanto 19.
Dunque c’è un legame con l’infezione dovuta al nuovo coronavirus? Ancora non ci sono certezze e gli autori della pubblicazione, dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sottolineano che siamo ancora nel regno delle ipotesi e si limitano a descrivere i casi accertati. L’obiettivo non è quello di allarmare ma di richiamare l’attenzione su una patologia rara, che spesso può non essere riconosciuta, e per aiutare medici e pazienti a rilevarla quanto prima.
Come si manifesta la sindrome di Kawasaki
La sindrome di Kawasaki è una forma rara che colpisce i bambini molto piccoli, di solito sotto i cinque anni, ma a volte anche fino a 10. Si tratta di una malattia infiammatoria dei vasi sanguigni di piccola e media dimensione, che si può manifestare con vari sintomi, fra cui febbre, rash cutaneo, edema di mani e piedi e delle ghiandole, labbra secche e spaccate. I dati epidemiogici sembrano suggerire che la causa sia da rintracciare in alcune infezioni, come si legge in uno studio su Nature, ma non si sa ancora quali agenti infettivi siano responsabili. Inoltre c’è probabilmente una componente genetica che rende alcuni piccoli più suscettibili di altri. La malattia rappresenta la principale causa di disturbi cardiaci anche gravi nell’infanzia e circa un bambino su quattro va incontro a complicazioni cardiache, potenzialmente anche fatali. Per fortuna, però, se diagnosticata per tempo e trattata in maniera opportuna – con endovena di immunoglobuline e aspirina – riduce il rischio di complicanze.
Le caratteristiche e i sintomi dei 10 bambini colpiti
I nuovi 10 casi di Bergamo sono stati diagnosticati fra il 18 febbraio e il 20 aprile 2020 e non sono spiegabili, secondo gli autori, con un incremento degli accessi in ospedale, che al contrario in quel periodo sono diminuiti a causa dell’emergenza coronavirus. A questi si aggiungono alcuni episodi in altri paesi, come Regno Unito e Usa. L’età media dei piccoli pazienti che hanno manifestato questa condizione è di 7 anni e mezzo, più alta di quella delle diagnosi di sindrome di Kawasaki avvenute a Bergamo negli anni scorsi, pari a circa 3 anni: la sindrome, in generale, colpisce più frequentemente bambini fino ai cinque anni. Un’altra differenza riguarda il fatto che questi bambini avevano sintomi più gravi, con complicazioni cardiache in 6 bambini su 10.
Un legame fra coronavirus e sindrome di Kawasaki?
Dei 10 bambini colpiti dai sintomi anomali, 8 avevano anche sviluppato gli anticorpi contro il nuovo coronavirus, rilevati tramite test sierologico. Questo segnale indica che nel loro percorso hanno anche incontrato il Sars-Cov-2. Gli altri due non avevano gli anticorpi, tuttavia uno al momento del test era già in terapia per la sindrome di Kawasaki e questo può aver alterato l’esito. Mettendo insieme queste informazioni, gli autori hanno spiegato che “i risultati sono rappresentativi di un’associazione fra l’epidemia dovuta al virus Sars-Cov-2 e una condizione infiammatoria simile alla sindrome di Kawasaki”. Tanto che la definiscono “Kawasaki-like Disease”. Un collegamento, scrivono gli autori nel paper, potrebbe trovarsi nei meccanismi sottostanti questa patologia. In particolare insieme alla sindrome di Kawasaki può manifestarsi un altro disturbo, la cosiddetta sindrome d’attivazione macrofagica, che è collegata alla cascata delle citochine, un processo infiammatorio che è presente anche in alcuni pazienti con Covid-19.
Tuttavia, la cautela è d’obbligo. “Anche se lo studio suggerisce la possibile comparsa di una sindrome infiammatoria associata a Covid-19″, rimarca Russell Viner, presidente del Royal College of Paediatrics and Child Health dell’University College di Londra, non coinvolto nello studio, “è essenziale ripetere – sia per i genitori sia per gli operatori sanitari – che i bambini sono colpiti pochissimo dal virus Sars-Cov-2”. E, a fronte di un numero già molto ridotto di casi di Covid-19 nell’infanzia, questa sindrome è peraltro molto rara. In ogni caso, aggiunge l’esperto, il risultato rimane molto importante, per comprendere meglio i meccanismi sottostanti la nuova infezione da coronavirus che potrebbero essere importanti anche per la ricerca di un vaccino contro Sars-Cov-2.
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