Chi siamo, da dove veniamo, il sesso, l’età, se siamo sinceri o bugiardi, se abbiamo bevuto troppo e last but not least persino il reale stato d’animo in cui ci troviamo: la voce può rivelare questo e altro di noi. E non ci sarebbe nulla di inedito, se non fosse che oggi per creare un identikit fedele partendo da questi dettagli basta un software di intelligenza artificiale. Tecno-paranoie? No se a affermarlo è uno scienziato: il professor Ian McLoughlin, docente di informatica all’Università del Kent e esperto riconosciuto di intelligenza artificiale a livello mondiale.
Analisi vocale. Mettendo in fila i recenti progressi degli algoritmi di analisi vocale, McLoughlin ha spiegato in un articolo su The Conversation come anche l’assistente vocale del nostro smartphone possa teoricamente cogliere aspetti della nostra personalità non evidenti. “Gran parte dell’IA (intelligenza artificiale) che è stata sviluppata può effettivamente dedurre una quantità incredibile di informazioni personali solo dal suono della vostra voce. Può determinare chi siete e da dove venite, la vostra posizione attuale, il vostro sesso e la vostra età e quale lingua state parlando. Tutto solo dal modo in cui la vostra voce suona quando parlate”. scrive McLoughlin.
Se vi sembra già abbastanza inquietante, vi sbagliate, perché c’è altro: “Altri sistemi IA audio possono rilevare se state mentendo, analizzare il vostro livello di salute e benessere, lo stato emotivo e persino se siete o meno in stato di ebbrezza. Esistono persino sistemi in grado di rilevare ciò che state mangiando quando parlate a bocca piena, oltre a una serie di ricerche che esaminano la diagnosi delle condizioni mediche dal suono”.
Non solo: gli algoritmi di analisi vocale possono arrivare a identificare l’attitudine di chi parla in una conversazione, raccogliere messaggi inespressi o rilevare conflitti tra due o più interlocutori.
Come in un film di fantascienza. “Un altro sistema di intelligenza artificiale, sviluppato lo scorso anno – afferma McLoughlin – può prevedere, semplicemente ascoltando il tono usato da una coppia, se resteranno o meno insieme”.
Come funziona? Questa straordinaria capacità di comprensione, è possibile grazie all’elaborazione di milioni di registrazioni. L’algoritmo inizia gradualmente a dedurre quali caratteristiche dei dati sono associate a delle “etichette”. Per esempio, un sistema che voglia risalire al genere della persona che parla, ne registrerà la voce dallo smartphone e la elaborerà per estrarre “funzioni”, cioè un piccolo insieme di valori rappresentativi. Il modo in cui queste oscillano negli intervalli di tempo considerati sarà leggermente diverso a seconda che stia parlando un uomo o una donna e il sistema è dunque in grado di distinguere.
UN PROBLEMINO DI privacy. Il boom degli assistenti personali come Siri, Alexa e Google Home dovrebbe farci riflettere su come l’intelligenza artificiale si stia diffondendo rapidamente e prevenire eventuali rischi. “Nelle mani sbagliate – avverte McLoughlin – queste tecnologie potrebbero assomigliare più alla polizia del pensiero teorizzata da George Orwell nel libro 1984. La sorveglianza audio (e video) può già rilevare le nostre azioni, ma i sistemi di intelligenza artificiale stanno iniziando a rilevare cosa c’è dietro quelle azioni – cosa stiamo pensando, anche se non lo diciamo a voce alta”.
E davvero c’è il rischio che i telefoni possano registrarci e analizzarci a nostra insaputa? Sì, secondo il docente di Kent: “I ricercatori hanno dimostrato che non ci vuole molto per trasformare il vostro telefono in un microfono permanente. Potrebbe essere solo una questione di tempo prima che inserzionisti e truffatori inizino a utilizzare questa tecnologia per capire esattamente come pensiamo e mirare alle nostre debolezze intime”.
Che fare? La consapevolezza, per ora, è l’unico antidoto. McLoughlin consiglia di tener d’occhio il lavoro delle associazioni non governative che si occupano della tutela della nostra privacy come World Privacy Forum, Fight for the Future e Electronic Frontier Foundation. E nel quotidiano, fare attenzione a quando installiamo un’app o un gioco sullo smartphone e ci chiede di accedere a tutti i sensori sul nostro dispositivo, microfono incluso (soprattutto se non è necessario per l’uso della app in questione). “I collezionisti di dati potrebbero imparare a capirvi probabilmente meglio del vostro migliore amico, perché il telefono viaggia ovunque con voi, potenzialmente ascoltando ogni suono che emettete. Ma – si chiede lo scienziato – mentre possiamo fidarci di un vero amico, possiamo dire lo stesso per coloro che stanno raccogliendo i nostri dati oggi?”.