La zona dei Colli Albani in cui è stato registrato il terremoto di magnitudo 3,7 è a pericolosità sismica medio-alta. “Famosa per i vulcani, questa zona ha una sua attività sismica frequente e storicamente non sono mai avvenuti terremoti con magnitudo elevatissime”, ha detto all’ANSA il sismologo Carlo Meletti, dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Il sisma più forte storicamente documentato risale al 1806, con una magnitudo stimata in 5,6, con danni abbastanza estesi sulle località più vicine, come Rocca di Papa e Zagarolo.
“Un parametro importante – ha detto ancora Meletti – è la profondità, pari a 9 chilometri: se il terremoto fosse stato ancora più superficiale avrebbero potuto verificarsi danni, per quanto lievi”. Il fatto che sia stato un terremoto abbastanza superficiale, inoltre, “giustifica il fatto che sia stato avvertito molto forte a Roma. La città – ha spiegato Meletti – ha una sua risposta sismica locale dovuta alla conformazione del sottosuolo, con vuoti e rocce sedimentarie, ossia non consolidate, che possono dare un effetto di amplificazione, esaltando l’onda sismica”.
Non è stato facile localizzare inizialmente questo terremoto: “molti segnali erano discordanti – ha spiegato Meletti – perché il sistema automatico non aveva interpretato le tracce come appartenenti a due terremoti distinti”. Di qui la localizzazione iniziale nella zona della Marsica. Si sta lavorando inoltre per comprendere la direzione in cui è avvenuta la rottura della faglia. Sicuramente al momento è chiaro che si è trattato di un terremoto di tipo tettonico, ossia non legato all’attività vulcanica ma al movimento distensivo tipico dei terremoti nell’Italia centrale.