Mai visto tanto ‘traffico‘ su Marte: dopo l’arrivo della sonda emiratina Hope, anche la cinese Tianwen-1 è riuscita a inserirsi correttamente in orbita intorno al pianeta. La Cina diventa così la sesta potenza mondiale a raggiungere questo traguardo dopo Usa, ex Urss, Agenzia spaziale europea, India ed Emirati Arabi. Se le operazioni procederanno come previsto nei prossimi mesi, la Cina sarà anche la prima a dispiegare un orbiter, un lander e un rover in un’unica missione su Marte. La sfida è lanciata agli Stati Uniti, che il 18 febbraio, con la missione Mars 2020, proveranno a posare sulla superficie del pianeta il loro quinto rover, Perseverance, con l’obiettivo di riportare i primi campioni sulla Terra entro il 2031.
L’Europa, che sembrava destinata a rimanere alla finestra dopo il rinvio della sua nuova missione su Marte a causa di ritardi tecnici, torna invece a far sentire la sua voce con due importanti scoperte che gettano nuova luce sull’atmosfera del pianeta e i suoi cambiamenti climatici. Entrambe pubblicate sulla rivista Science Advances, portano la firma della sonda Tgo (Trace Gas Orbiter) di ExoMars, la missione congiunta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e della russa Roscosmos già in orbita da oltre tre anni.
I suoi strumenti hanno permesso di rilevare la presenza di un gas mai visto prima nell’atmosfera di Marte: è il cloruro di idrogeno (HCl), probabilmente dovuto al sale marino fissato nella superficie polverosa del pianeta e liberato in aria durante la stagione calda. “Questo è il primo rilevamento di gas alogeno nell’atmosfera marziana e rappresenta un nuovo ciclo chimico da studiare”, afferma Kevin Olsen dell’Università di Oxford.
Rappresentazione schematica del meccanismo alla base della ‘fuga’ di acqua dalla superficie di Marte, ricostruito grazie alla sonda Tgo (fonte: ESA)
Il suo team ha individuato il gas per la prima volta durante la grande tempesta di polvere del 2018, osservandola comparire contemporaneamente sia nell’emisfero Nord che in quello Sud, e ha poi testimoniato la sua rapida sparizione al termine del periodo polveroso. Il gruppo sta già esaminando i dati raccolti durante la successiva stagione polverosa dove l’HC1 sembra già crescere di nuovo.
La sonda Tgo ha permesso inoltre di “esplorare l’atmosfera in 3D”, sottolinea Ann Carine Vandaele, responsabile dello strumento Nomad che ha studiato i movimenti del vapore acqueo e dell’acqua ‘semi-pesante’ (dove un atomo di idrogeno è sostituito da un atomo di deuterio, una forma di idrogeno con un neutrone in più).
I dati dimostrano che “Marte ha perso gran parte della sua acqua originaria, probabilmente a causa di meccanismi di trasporto ad alta quota come quelli osservati da Nomad, dove la molecola viene poi disgregata dai raggi ultravioletti solari e dispersa nello spazio”, spiega Giancarlo Bellucci, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf ) e a capo del team scientifico italiano dello strumento Nomad. “Questi risultati – continua Bellucci – sono stati ottenuti grazie all’importante contributo dell’Agenzia spaziale italiana che ha supportato anche il gruppo italiano coinvolto nelle attività scientifiche dello strumento Nomad”.
I dati di ExoMars raccolti tra aprile 2018 e aprile 2019 hanno anche mostrato tre situazioni che hanno accelerato la perdita di acqua dall’atmosfera: la grande tempesta di polvere del 2018 che ha spazzato tutto il pianeta, una breve ma intensa tempesta regionale nel gennaio 2019 e il rilascio di acqua dalla calotta polare Sud durante i mesi estivi legati al cambiamento stagionale. Di particolare rilievo è un pennacchio di vapore acqueo ben evidente durante l’estate nell’emisfero meridionale di Marte, che potrebbe immettere vapore d’acqua negli strati superiori dell’atmosfera marziana con cadenza sia stagionale che annuale.